Cibo e luce
Negli allevamenti intensivi è normale somministrare cibo e luce in modo controllato per aumentare la produttività, spesso a spese del benessere degli animali. In questo modo i produttori di uova riprogrammano l'orologio biologico delle ovaiole in modo da costringerle a cominciare a deporre le loro preziose uova più in fretta e, quel che è più importante, contemporaneamente. Ecco come un avicoltore mi ha descritto la procedura:
Non appena le femmine diventano adulte - che per le tacchine industriali vuol dire tra la ventitreesima e la ventiseiesima settimana e per le galline tra la sedicesima e la ventesima - le mettono nei capannoni e abbassano la luce; arrivano a tenerle al buio per ventiquattr'ore al giorno, sette giorni su sette. E le alimentano con una dieta molto povera di proteine, quasi da fame. Questo processo dura due o tre settimane. Poi accendono le luci sedici ore al giorno per le tacchine o anche venti per le galline, per convincerle che è primavera, e passano a una dieta altamente proteica. Così gli animali cominciano subito a deporre le uova. Ne hanno fatto una scienza tale che possono fermarla, avviarla e così via. Vedi, in natura, insieme alla primavera arrivano gli insetti e l'erba e le giornate si allungano; bè, è un sistema per dire agli uccelli: "Meglio cominciare a deporre. La primavera sta arrivando." Così l'uomo è andato a inserirsi in un meccanismo innato. E controllando la luce, il mangime e il tipo di alimentazione l'industria può costringere galline e tacchine a deporre uova tutto l'anno. Ed è quello che fanno. Le tacchine adesso arrivano a deporre centoventi uova all'anno e le galline oltre trecento. Cioè due o tre volte quante ne deporrebbero in natura. Dopo il primo anno di produzione le uccidono perché nel secondo non deporrebbero altrettante uova: l'industria ha stabilito che è più economico macellarle e ricominciare daccapo che tenere e nutrire galline che depongono meno uova. Queste pratiche spiegano in gran parte perché al giorno d'oggi la carne di pollo e di tacchino sia così economica, ma gli animali ne soffrono.
Per quanto moltissime persone abbiano una qualche vaga idea della crudeltà degli allevamenti intensivi - le gabbie sono piccole, la macellazione è violenta - certe tecniche molto diffuse sfuggono al grande pubblico. Io non avevo mai sentito della somministrazione controllata di cibo e luce. E dopo averlo saputo, non ho mai più voluto mangiare un uovo convenzionale. Grazie al cielo ci sono le galline allevate a terra, giusto?
Allevato a terra
L'etichetta "allevato a terra" applicata a polli e uova - così come l'etichetta "allevato in libertà" applicata alla carne, ai prodotti lattiero-caseari e, occasionalmente, persino al pesce (tonno in libertà?) - è una stronzata. Non dovrebbe tranquillizzare più di "naturale al 100%", "fresco" o "magico".
Per essere considerati "allevati a terra", i polli da carne devono avere "accesso all'esterno", una definizione che, se presa alla lettera, non significa nulla. (Pensate a un capannone che contiene trentamila polli, con una porticina a un'estremità che dà su un fazzoletto di terra due metri per due, e la porticina è sempre chiusa, salvo eccezioni).
L'USDA (United States Department of Agriculture) non prevede una specifica per le galline ovaiole allevate a terra e si affida invece alle informazioni fornite dai produttori a sostegno di quanto dichiarano. Molto spesso, le uova deposte da galline allevate in modo intensivo - galline stipate l'una sull'altra in grossi capannoni desolati - sono etichettate come "uova di galline allevate a terra". (La dicitura "non in gabbia" è regolamentata, ma non vuol dire altro se non, alla lettera, che le galline non sono in gabbia.) Si può tranquillamente presumere che le ovaiole "allevate a terra" o "non in gabbia" siano debeccate, assumano farmaci e siano macellate in modo crudele una volta "esaurite". Potrei stipare un po' di galline sotto il lavello e definirle "allevate a terra".
Jonathan Safran Foer, "Se niente importa. Perché mangiamo gli animali?", Guanda, 2010
Conoscere le uova: quando zero è il voto più alto.
Sento improvvisamente il bisogno di fare il punto sulle uova. Per questi motivi:
1) scommetto che molti non sanno che le tipologie di uova in vendita sono quattro, distinte a seconda di come vengono allevate le galline;
2) scommetto che a molti neanche interessa saperlo (e questo è peggio);
3) ultimamente sento sbandierare a destra e a manca la dicitura “uova di galline allevate a terra”. Concentriamoci sulla parola “terra”. Cosa vi fa venire in mente? A me prato, terra nuda, zolle di terra… cose così. Bene, peccato che nel linguaggio delle etichette, la dicitura “uova di galline allevate a terra” significhi in realtà “allevate in capannoni con luci sempre accese e una densità di 7/9 galline a metro quadro”. Potrà essere meglio che confinate dietro le sbarre come Hannibal the Cannibal, ma di certo non è una gran vita.
Ben vengano le inizative di chi (come ad esempio Coop) rifiuta di vendere col proprio marchio le uova di galline allevate in gabbia, però la dicitura “a terra” andrebbe quanto meno rivista perché ingannevole.Ma vediamo come si legge il codice di un uovo. Guardate l’immagine [qui sotto], il codice più importante è il primo, cioè quello sulla tipologia di allevamento. Come diceva Guzzanti, “Sapevatelo!”. D’ora in poi, tutti liberissimi di scegliere le uova da galline carcerate, l’importante è esserne consapevoli.
In genere quando rompo le scatole con questo genere di discorsi mi si replica “eh ma se tutti gli allevamenti di galline fossero all’aperto non ci sarebbero abbastanza uova per tutti”. Balle. A parte constatare che gli alimenti marciscono ogni giorno a tonnellate, basterebbe semplicemente smetterla con la pretesa di vedere sempre pieni gli scaffali.
Le uova son finite perché le galline allevate all’aperto sono stitiche? Amen: per un giorno si farà a meno di uova!
Immagini: promiseland.it, riciardengo.blogspot.com,
lavocedeisenzavoce.myblog.it, e-coop.it
Proprio una bella ripresa impegnata per il tuo blogghettino. :)
RispondiEliminaSe non li hai già letti, sullo stesso tema ti consiglio "Pianeta Pollo: la triste storia del pennuto nel tuo piatto" di Hattie Ellies, e "Il maiale che cantava alla luna" di Jeffrey Moussaieff Masson. Se si parte già con una mezza intenzione di diventare vegetariani, questi secondo me sono tra i libri che danno la spinta decisiva.
Ross, grazie per i suggerimenti! Mi appunto i titoli, così i prossimi libri sul comodino saranno proprio questi. Diciamo che parto un passo più avanti, ovvero essendo già vegetariana, ma tanto meglio: le letture saranno una ghiotta occasione per esserlo con ancora più convinzione!!
RispondiEliminaLo sapevo da alcuni mesi, grazie ad una collega di lavoro ... e da allora solo uova 0. Non sono molti a saperlo, hai fatto bene a segnalarlo. Già, bel ritorno ...
RispondiEliminaAlligatore, non sai che piacere mi fa sapere che ci sono altre persone che stanno attente a questi - apparentemente - piccoli dettagli che invece fanno la differenza, una differenza ENORME! E poi, non so te, ma a me sembra quasi che le uova 0 abbiano un sapore più buono.. sarà che nel sceglierle tra le altre mi si alleggerisce la coscienza :)
RispondiEliminaSì, sono più buone, di forme diverse, a volte più grandi a volte più piccole ... insomma, si vede che non sono dei prodotti industriali.
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